- Come agisce la chemioterapia
- Modalità di somministrazione della chemioterapia
- Finalità della chemioterapia
- Chemioterapia di induzione
- Chemioterapia concomitante
- Chemioterapia palliativa
- Trattamento di prima linea
- Trattamento di seconda linea
- Come sapere se la terapia funziona?
Come agisce la chemioterapia
La chemioterapia è la terapia farmacologica del cancro, vale a dire una delle armi che abbiamo a disposizione per poter distruggere le cellule tumorali.
Nella maggior parte dei casi, infatti, la chemioterapia agisce sul DNA delle cellule e lo spezzano. In questo modo, se le cellule non riescono a riparare il danno, muoiono. In altri casi i farmaci della chemioterapia non agiscono direttamente sul DNA, ma agiscono disattivando le proteine che stimolano la produzione di nuovo DNA, bloccandola e dunque impedendo alle cellule tumorali di riprodursi.
Queste armi funzionano soprattutto se le cellule sono in fase di riproduzione perché in quel momento sono più deboli e vulnerabili.
Le cellule tumorali si riproducono molto rapidamente e dunque sono molto più spesso in questa fase vulnerabile e dunque vengono colpite maggiormente dalla chemioterapia rispetto alle cellule sane.
Tuttavia, tra le cellule sane ci sono anche quelle che si riproducono continuamente e che patiscono maggiormente la chemioterapia come quelle dei capelli, del sangue, dello stomaco e dell’intestino, per cui è in queste sedi che si manifestano maggiormente gli effetti collaterali della chemioterapia. La maggior parte di questi effetti migliora e si risolve al termine delle cure.
Modalità di somministrazione della chemioterapia

La somministrazione dei farmaci chemioterapici per i tumori del distretto testa e collo avviene mediante flebo endovena e a cicli.
Non tutte le cellule tumorali si dividono nello stesso momento, per cui facendo più cicli si aumenta la probabilità di colpirle.
Un ciclo di trattamento è fatto dai giorni di cura in cui si somministrano i farmaci e dai giorni di pausa che separano dal ciclo successivo. Il periodo di pausa tra un ciclo e l’altro serve per recuperare dagli eventuali effetti collaterali che vengono monitorati con visite ed esami del sangue se necessario.
La durata della chemioterapia può variare da 3 a 6 mesi, con la somministrazione di 3-6 cicli di terapia.
Finalità della chemioterapia
La scelta della terapia è basata sulle condizioni generali del paziente, eventuali altre malattie presenti, l’età e le caratteristiche del tumore nonché la sua origine, l’estensione e il tipo istologico.
A seconda dello scopo che si vuole raggiungere la chemioterapia è definita:
Neoadiuvante: viene effettuata prima di un intervento chirurgico, con lo scopo di ridurre il volume della massa tumorale.
Di Induzione: viene effettuata prima del trattamento di radioterapia o di chemio-radioterapia, con lo scopo di ridurre il volume della massa tumorale e renderlo meglio aggredibile dalle radiazioni.
Concomitante: viene effettuata durante la radioterapia per aumentarne l’efficacia. Può essere attuata anche dopo l’operazione chirurgica per ridurre il rischio di recidiva, locale.
Palliativa: viene utilizzata per arrestare o ritardare la crescita del tumore, ridurre i sintomi che ne derivano e prolungare la sopravvivenza.
Chemioterapia di induzione
La chemioterapia di induzione solitamente viene somministrata ai pazienti con tumore spinocellulare della laringe, dell’ipofaringe, dei seni paranasali (SNUC), dell’orofaringe e indifferenziato del rinofaringe.
Per il tumore spinocellulare della laringe o dell’ipofaringe la finalità è di preservare la laringe nelle malattie localmente avanzate, evitando la chirurgia.
Per il tumore dei seni paranasali (SNUC) l’obiettivo è di ridurre l’estensione di malattia per renderla maggiormente aggredibile dalla chirurgia.
Per il tumore dell’orofaringe e indifferenziato del rinofaringe l’obiettivo è di ridurre l’estensione di malattia per renderla maggiormente aggredibile dalla radioterapia.
Il trattamento standard in questi casi è una tripletta di farmaci (3 farmaci) composta da sali di platino (cisplatino o carboplatino), a cui si associano paclitaxel e 5Fluorouracile. Sono terapie che si somministrano in vena e si ripetono ogni 3 settimane per 3 cicli.
Nelle forme neuroendocrine (SNEC) dei seni paranasali, invece, l’induzione prevede di somministrare endovena platino ed etoposide o ifosfamide e adriamicina meglio se alternati, ogni 3 settimane per 6 cicli.
Per quanto riguarda gli altri tipi di tumori dei seni paranasali, se si tratta di Adenocarcinomi di tipo intestinale (ITAC) in assenza di mutazione di TP53 il trattamento standard è una tripletta di farmaci (3 farmaci) composta da sali di platino (cisplatino o carboplatino), a cui si associano Lederfolin e 5Fluorouracile per 5 cicli. La rivalutazione radiologica andrà fatta dopo il 3° e il 5° ciclo per valutare l’indicazione a successiva chirurgia o RT.
Chemioterapia concomitante
La chemioterapia concomitante si associa alla radioterapia e con essa può costituire un trattamento esclusivo o coadiuvare una precedente chirurgia dove vi siano importanti fattori di rischio di recidiva. Il trattamento standard prevede Cisplatino ad alte dosi somministrato endovena ogni 3 settimane per 3 cicli.
Nel caso in cui questa strada non fosse percorribile per malattie associate del paziente, fragilità, eccessivi effetti collaterali, è possibile sostituire il cisplatino con il carboplatino (che verrà somministrato endovena ogni 3 settimane per 3 cicli o a dose ridotta ogni settimana per 6 settimane), oppure con la terapia biologica, cetuximab, somministrato endovena settimanalmente per 6 settimane. Quest’ultimo non può, tuttavia, essere utilizzato dopo intervento chirurgico per mancanza di studi a conferma della sua efficacia.
Dagli studi, in cui il cisplatino è stato confrontato con il carboplatino, è emersa una maggiore efficacia del cisplatino rispetto al carboplatino, associata però ad una maggiore tossicità (principalmente renale e neurologica sensitiva periferica del cisplatino, rispetto al carboplatino).
Chemioterapia palliativa
La chemioterapia palliativa viene somministrata ai pazienti con malattia metastatica a distanza o recidiva ed è differente in base al tipo di malattia e alle eventuali linee terapeutiche già eseguite dal paziente.
Trattamento di prima linea
È chiamato di prima linea il trattamento chemioterapico a cui si sottopongono i pazienti con malattia recidivata o metastatica che non hanno mai ricevuto una cura oncologica per quel tumore.
Trattamento di prima linea per tumore spinocellulare del distretto testa-collo
Nei pazienti con tumore spinocellulare del distretto testa e collo recidivato o metastatico la prima linea viene decisa in base anche agli eventuali trattamenti effettuati in precedenza a scopo guaritivo.
Infatti, secondo le linee guida Nazionali ed Internazionali, nel caso in cui la recidiva o la comparsa di metastasi avvenga entro 6 mesi dal trattamento a scopo guaritivo di chemio-radio concomitante a base di platino, è possibile somministrare l’immunoterapia (nivolumab) in prima linea. In caso contrario, la prima linea viene decisa in base ai valori di PDL-1 CPS che vengono analizzati sulla biopsia.
Se CPS<1 la prima lineaprevede l’infusione endovena di tre farmaci di cui due chemioterapici (carboplatino o cisplatino e 5fluorouracile oppure Paclitaxel) e uno biologico (cetuximab) che, in caso si ottengano buoni risultati, dopo 6 cicli viene utilizzato come mantenimento settimanale al fine di mantenere il più a lungo possibile il risultato ottenuto.
Se CPS > o =1 la prima linea prevede l’infusione endovena di immunoterapia (Pembrolizumab) in associazione o meno con due chemioterapici (carboplatino o cisplatino e 5fluorouracile). La decisione tra queste due possibilità verrà presa dall’oncologo in base alle condizioni generali del paziente, alle malattie associate, all’entità di malattia e alla sintomaticità.
Per informazioni sugli effetti di cetuximab e la sua prescrivibilità vai alla sezione Terapia Biologica.
Anche l’immunoterapia viene somministrata endovena ed è a cadenza bisettimanale.
Per conoscere gli effetti di nivolumab e pembrolizumab e la loro prescrivibilità, vai alla sezione dedicata all’Immunoterapia.
Trattamento di prima linea per tumore indifferenziato del rinofaringe
Nei pazienti con tumore indifferenziato del rinofaringe la prima linea prevede l’infusione di 3 farmaci endovena ogni 3 settimane: platino (carboplatino o cisplatino), docetaxel e 5fluorouracile per 6 cicli, se dopo 3 si rileva almeno un arresto nella crescita tumorale.
In alternativa è possibile utilizzare uno schema a 2 farmaci come platino e gemcitabina (quest’ultima somministrata il giorno 1 e 8 ogni 3 settimane) oppure platino e 5fluorouracile somministrati endovena ogni 21 giorni.
Trattamento di prima linea per tumori SNEC e ITAC dei seni paranasali
Per quanto riguarda gli SNEC e gli ITAC dei seni paranasali in prima linea è possibile somministrare per gli SNEC: 6 cicli endovena di platino, etoposide ogni 3 settimane se la progressione è avvenuta entro 6 mesi dal precedente platino eventuale, oppure Ifosfamide e Adriamicina ogni 21 giorni per un massimo di 6-8 cicli. Invece, negli ITAC sono previsti 6 cicli con Lederfolin, platino e 5Fluorouracile ogni 21 giorni.
Trattamento di prima linea per i tumori maligni delle ghiandole salivari
I tumori maligni delle ghiandole salivari in prima linea prevedono un trattamento ormonale se adenocarcinomi con espressione dei recettori per androgeni all’esame istologico (biopsia), altrimenti prevedono un trattamento chemioterapico a due o tre farmaci che, come da linee guida, andrà iniziato solo a paziente sintomatico e non precocemente con schemi tipo doxorubicina, ciclofosfamide e platino 50 mg/m2 ripetuto ogni 21 giorni o a base di paclitaxel (non efficace però nell’adenoiodocistico).
La terapia ormonale prevede il blocco androgenico totale (BAT), simile a quello attuato per i tumori della prostata, mediante bicalutamide per bocca, 1 compressa al dì continuativa e triptorelina 1 iniezione intramuscolo ogni 3 mesi. La rivalutazione di malattia viene fatta dopo 3 mesi e in caso di progressione si consiglia l’arruolamento in studi clinici.
Trattamento di seconda linea
È chiamato di seconda linea il nuovo trattamento chemioterapico a cui si sottopongono i pazienti dopo la prima linea a causa del peggioramento della malattia. Secondo le Linee guida Nazionali e Internazionali la seconda linea può essere costituita da immunoterapia (nivolumab) solo se il peggioramento della malattia è avvenuto dopo 6 mesi dal precedente trattamento a base di platino, altrimenti se possibile va ripreso un trattamento a base di platino fino a progressione.
Se non fosse possibile, per esempio a causa di effetti collaterali o del raggiungimento della dose massima complessiva, allora, in assenza di studi di confronto diretto, si sceglie indistintamente tra gemcitabina, methotrexate o taxolo la cui somministrazione può avvenire settimanalmente o ogni 3 settimane a seconda del farmaco che si sceglie e della tollerabilità.
Trattamento di seconda linea per tumore indifferenziato del rinofaringe
Nei pazienti con tumore idnifferenziato del rinofaringe per seconda linea si somministrano endovena bleomicina e methotrexate settimanalmente, oppure taxolo settimanale, se non già precedentemente somministrato taxano, adriamicina e gemcitabina o adriamicina e taxolo o paclitaxel e gemcitabina ogni 3 settimane.
In alternativa, l’arruolamento in studi clinici è sempre da consigliare per poter accedere a nuove terapie in corso di sperimentazione.
Trattamento di seconda linea per tumori SNEC e ITAC dei seni paranasali
Per quanto riguarda gli SNEC e gli ITAC dei seni paranasali in seconda linea i dati di letteratura sono pressoché assenti, pertanto, se il performance status lo consente, è possibile somministrare adriamicina da sola ogni 21 giorni, se non già utilizzata al primo ciclo, oppure methotrexate settimanale, ma l’arruolamento in studi clinici è da considerare la scelta migliore là dove possibile.
Trattamento di seconda linea per i tumori maligni delle ghiandole salivari
Per i tumori maligni delle ghiandole salivari, non ormonoresponsivi la seconda linea prevede un trattamento chemioterapico a due o tre farmaci che, come da linee guida, va iniziato solo a paziente sintomatico e non precocemente sempre con schemi tipo doxorubicina, ciclofosfamide e platino ripetuto ogni 21 giorni o a base di paclitaxel (non efficace però nell’adenoiodocistico) da scegliere anche in base a quanto fatto nella prima linea.
In alternativa, è da considerare l’arruolamento in studi clinici.
Per conoscere gli studi clinici in corso, vai alla sezione Studi Clinici.
Come sapere se la terapia funziona?
Per valutare l’efficacia delle cure avviate si rivaluta la malattia clinicamente, con visita oncologica e otorinolaringoiatrica, e radiologicamente tramite risonanza magnetica o TAC del massiccio facciale e del collo in caso di malattia localizzata e con anche TAC del torace e dell’addome associata eventualmente a PET ogni 2-3 cicli. La scelta dell’esame da utilizzare dipende dalla sede di malattia, dalle informazioni che vogliamo avere e dall’esame eventualmente già scelto al primo ciclo di terapia e che verrà dunque confrontato con quello nuovo.
La PET è preferita in caso di malattia a distanza o in pazienti con insufficienza renale, mentre non è indicata in pazienti con diabete non controllato dalla terapia abituale, perché l’esame perderebbe di precisione rischiando di essere inutile.
Se gli esami mostrano che la malattia si è fermata o si è rimpicciolita come dimensioni o come numero delle sue localizzazioni, si prosegue con gli stessi farmaci fino al completamento del programma.
Medico oncologo specialista ed esperto in tumori del distretto testa-collo
IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano